sabato 29 marzo 2008

18. LETTERATURA PAPERILE MODERNA: IL PICCOLO PAPER (con interventi di Comandino)




Nelle foto Paper:
1. Recita scolastica qui al Canneto: 
Hàribo nella parte del Piccolo Paper (a sinistra),
con Frittolo (nero) nella parte del lupo
 e Bollino nella parte della volpe (non molto realistico, però...)
2. Primo piano di Hàribo nella parte del Piccolo Paper.
3. Illustrazione dell'asciutto per il Piccolo Paper: 
come si vede, all'asciutto non capiscono proprio niente, di paperi...

IL PICCOLO PAPER

di Canneton De Saint-Expapery

(rimaneggiato un po’ dal Sig. Paper Rabbit 

per renderlo più adatto a Brioscino)

 

Mi spiego, o no? Per far piacere al salamino giallo,

cioè, dico: al salamino giallo,

il Sig. Paper cambia le parole 

di un capolavoro della letteratura paperese!

Dico: è chiaro? Mi spiego? Ma si può?

E magari, pretende anche che io ascolti,

io Comandino;  o crede che io lo faccia,

e magari, che mi addormenti anch’io.

Ma si sbaglia.

“Non avresti un biscottino?”, chiese alla volpe il Piccolo Paper.

“No”, disse la volpe, “mi spiace: sono a dieta”.

Tacque un po’. Riprese:

“Anche tu, dovresti: sei un po’ ciccione”.

E aggiunse, inclinando il muso di lato e sbattendo lentamente le lunghe ciglia rossastre: “Noi volpi siamo molto sincere”.

“Grazie”, rispose il Piccolo Paper. “Oggettivamente,” proseguì “però, io non sono affatto ciccione: ho il becchetto astuto e le piumette dai riflessi gialli intelligenti; sono molto carino, soprattutto di profilo; di fatto, sono un paperino esatto, e vado bene così, anche se sembro, magari, a vedermi da lontano, oggettivamente, un po’ sovrappeso; ma solo da lontano, perché da vicino si vede benissimo che non è vero; e infatti non lo è. Ma tu – riprese – che animaletto sei, di fatto?”

Il Piccolo Paper guardava la volpe da lontano, e con una certa diffidenza. Non si sa mai, pensava: magari è un’anatra stupida travestita da volpe, che con le anatre non puoi mai sapere.

“Una volpe” rispose la volpe.

“E non hai neanche un biscottino da darmi? Un po’ di gelato? Un profiterol? Un budino? Uno yogurt al mirtillo? Un pandorino? Un creme-caramel?”

“Tu dovresti averlo, se è vero che vuoi diventare amico mio”.

“Perché, scusa? Io sono più piccolo di te, e quindi sei tu che devi cercare di diventare amico mio”.

“Si dice amica mia, perché io sono una volpe”

“A me sembrava che fossi un volpo”, rispose perplesso il Piccolo Paper.

“Sì, effettivamente sono un volpo; ma si dice lo stesso una volpe, anche se sono un volpo. E’ come quando, all’asciutto, le persone si danno del lei: anche se uno è uno e non una, gli si dice lei e non lui; e neanche tu”.

“Insomma” seguitò il Piccolo Paper “lei è un volpo che si dice volpe e gli si dice lei anche se è lui”.

“Esatto”.

“Vedi che io sono intelligente? E anche carino, di fatto. E comunque, oggettivamente, avrei anche un po’ fame”.

“Se vuoi diventare amico mio, devi essere tu che mi porti un biscottino o qualcosa che mi piaccia – alla crema, no, e neanche al burro; al cioccolato va meglio, specialmente con la glassa bianca; e preferisco i biscotti al gelatino, anche se un buon gelatino coi biscottini lo mangio sempre volentieri”.

“Va bene” disse il Piccolo Paper, sbuffando sottovoce tra sé e sé.“Adesso vado a vedere se a casa ce ne sono come piace a te” – e pensava dentro di sé: col cavolo che te li porto, a te, i biscottini, col gelatino pure, al cioccolato e con la glassa! Ma chi ti credi di essere? Anatra che non sei altro!

“E quando torni” lo ammonì la volpe con estrema serietà “fermati più lontano, questa volta, e aspetta con i biscottini in mano. Io uscirò a poco a poco dalla mia tana,

Tuono e vento, tuono e vento,

non mi addormento, non mi addormento,

io Comandino, fino al mattino,

con questo racconto stupido e tonto

e annuserò i biscottini da lontano, sentendone il fine profumo nell’aria. Per questo, è bene che i biscottini siano appena usciti dalla confezione, e non che siano da un paio di giorni nella biscottiera di latta: cioè, devono avere tutto il loro profumo, se no come faccio io a sentirli fin da qui? Saranno dieci o quindici metri, centimetro più, centimetro meno. Insomma, tu verrai con i biscottini in mano; poi li lascerai lì per terra e ti allontanerai. Perciò, magari portati un piattino: le cose che cadono per terra mi fanno proprio schifo, e non le mangio; prendilo del colore che vuoi, il piattino, ma se è azzurro a fiorellini, meglio; se lo porti rosa, però, mi offendo, perché io sono un volpo anche se si dice una volpe, come già sai; bianco no, perché mi mette tristezza; meglio in porcellana, è più indicato, ma fa lo stesso; solo, non di plastica. 

Allora, quando ti sarai allontanato, io uscirò scodinzolando allegramente, e mi avvicinerò con circospezione; mi vedrai saltellare qua e là, e poi avvicinarmi e annusare, soppesare, mordicchiare e infine mangiucchiare i biscottini che mi hai portato. Allora ti guarderò da lontano e ti dirò grazie col pensiero. 

Quando domani tornerai, io ti aspetterò sulla porta della mia tana, e sarò felice appena sentirò il tuo passo di lontano; mi raccomando, i biscottini, un po’ di più questa seconda volta; cioè, mangiane meno tu per strada e portamene un po’ di più; sempre col piattino, ovviamente, azzurro a fiorellini, di ceramica; e che sia lavato e asciugato ben benino, e non con le briciole del giorno prima; e anche un bicchiere di Coca-cola con ghiaccio, aggiungi, ma senza limone, mi raccomando… e portalo con attenzione, se no lo spandi tutto per strada e a me viene il nervoso…”

Il Piccolo Paper ascoltava con estrema attenzione: ma pensa un po’, pensava.

“E poi, quando siamo amici” chiese il Piccolo Paper “cosa facciamo? Giochiamo a saltapaperino? A vola-vola-con-l’aletta-sola? Ci mimetizziamo sui divani del salotto? Insomma, a cosa giochiamo? Cosa facciamo?”

La volpe lo guardò con aria interrogativa.

“Perché, non ti va bene se guardiamo la TV bevendo birra? Così facciamo tanti ruttini sonori uno dopo l’altro, e c’è da vedere “Amici” a mezzogiorno, dove vanno le tortore a litigare in TV e a dirsi un sacco di parolacce, che è bellissimo starle a sentire; e magari, se siamo fortunati, le vediamo che si menano pure; e poi, c’è la partita alle tre e mezzo. Potremmo anche andare allo stadio del boschetto, a vedere anatre-gabbiani, e se siamo fortunati c’è una bella rissa con i gatti e poi andiamo tutti a picchiare con gusto la tifoseria dei piccioni…”

“A me, oggettivamente, non piacciono le parolacce”, disse il Piccolo Paper, molto corrucciato “e neanche andrei mai a picchiare un piccione, perché non è bello picchiare la gente. E poi, la birra mi fa schifo, di fatto, e anche a te dovrebbe… ed è più bello giocare a palla senza darsi le botte…”.

“Sbagli” disse la volpe “è divertentissimo picchiare la gente, e la birra non fa affatto schifo: i piccioni, poi, sono così stupidi, che picchiarli è proprio un gusto…”

ma che anatra è, questa volpe?

Stai attento, Piccolo Paper!

E comunque, io non ascolto, luce sul volto,

non mi addormento, tuono e vento

“A me” disse il Piccolo Paper “piace giocare con gli amici, a saltapaperino e a quello che ti ho detto; e chiacchierare e ridere e mangiare biscottini insieme, e non mi piace vedere delle anatre stupide che si dicono parolacce e si fanno del male…”

“Male” disse la volpe “perché invece è divertentissimo: voi paperi, proprio, non sapete divertirvi. Ma se diventi amico mio, allora sì che ti diverti! Te lo posso garantire: provare per credere. Dunque, se vuoi, portarmi, invece di chiacchierare, i biscottini con la Coca-cola… se ti sbrighi, facciamo a tempo anche ad andare in birreria a fare una bella partitina a poker…”

“Io a poker non ci so giocare” disse sottovoce il Piccolo Paper.

“Oh, ti piacerà: chi perde viene spennato sul posto, ma poco alla volta, così fa più male, e se ne va piangendo, e tutti gli tirano le ghiande dure sulla testa… è bellissimo… se vinci, ovviamente… ma con me vicino, non puoi perdere… le carte bisogna conoscerle… e io le fabbrico…”

La volpe estrasse dalla tasca un mazzo di carte e le sventagliò come una coda di pavone sotto il becchetto del Piccolo Paper.

“Carte truccate” disse “di ottima qualità… et voilà! Ci si fa ricchi, caro mio…”

“Ma è disonesto… e poi non è bello giocare così… e chi perde non deve piangere, perché è solo un gioco… noi paperini, il premio lo diamo a chi perde, non a chi vince, perché così si fa…”

La volpe rise a crepapelle.

“Il premio a chi perde… questa è bella… c’è chi vince e chi perde, caro mio… e chi perde, perde, e peggio per lui… se perde, vuol dire che se lo meritava… anche chi perde, credi a me, la pensa così, altrimenti non verrebbe a giocare con noi…”

“Ma insomma, io ho fame, e tu chiacchieri e basta e mi dici cose stupide che a un paperino non si dicono… e poi, oggettivamente, sono io più piccolo, e quindi sei tu, di fatto, che devi dare biscottini a me, non io a te…”

“Nel canneto, forse: ma qui, caro mio, chi è più piccolo vuol dire che è più debole, e quindi è lui che dà da mangiare a chi è più forte – a chi è forte come me, per esempio… e anche di corsa, e senza sbagliare…”

“Tu sei brutto e stupido…”, sbottò il Piccolo Paper – ma le zampette già gli tremavano.

Anziché offendersi, come il Piccolo Paper temeva dopo aver detto a fior di becco ciò che gli passava nella mente, la volpe rise ancora di più, e si avvicinò con fare minaccioso; ma la risata gli si spense in gola quando una potentissima zampata nel sottocoda la fece sobbalzare.

“Allora, stupida volpe inutile e scema” disse una voce roca e sgraziata alle sue spalle “dov’è il mio pranzo? Sono stanco di aspettare…”

Era un lupo gigantesco, enorme e cattivissimo, con i denti lunghissimi e bianchi e con la bava alla bocca: il Piccolo Paper era terrorizzato – tremava fino al becco, coda compresa.

Io non ascolto, luce sul volto,

tuono e vento, non mi addormento -

non son raccontini da paperini…

“Oh” disse il lupo alla volpe che tremava tutta come il paperino e anche di più, guardando in direzione del Piccolo Paper “vedo che almeno mi hai procurato l’antipasto… così, anzichè scuoiarti viva, ti taglierò solo la coda un pezzetto per volta… dopo mangiato, ovviamente…”

Il Piccolo Paper si vide perduto, e si girò di scatto mettendosi a correre: sentiva il fiato del lupo alle sue spalle, e la risata isterica della volpe. Si raccomandò alla Fata del lago, e supplicò il vento di aiutare le sue minuscole zampette; il lupo gli era quasi addosso…

Corri, Piccolo Paper! Corri, sù!

Ma che storia è? Io Comandino avevo sonno…

In quel preciso istante, uno stormo di piccioni sorvolò in formazione d’attacco la testa brutta del lupo, e scese in picchiata fino a colpirla con rapidissimi colpi di becco, mentre un airone, calando in picchiata da sopra le nuvole, velocissimo, con estrema precisione afferrò il Piccolo Paper per la codina, lo sollevò da terra, se lo caricò in groppa con un possente colpo di becco e se lo portò velocissimamente in alto, lontano dalle grinfie di quei due. Anche i piccioni, compiuta la missione di distrarre il lupo, rivolsero i becchi verso il cielo.

Comodamente accomodato sulla groppa dell’airone, con il fiatone per la paura ancora forte, il Piccolo Paper vide il lupo che rincorreva la volpe mordendole la coda, e pensò: “Accidenti, però, mi dispiace per la volpe… che becconi che si prende, poverina…”

Ma che poverina! Ma sei stupido, Piccolo Paper?

Per fortuna che c’era l’airone coi piccioni, altrimenti…

Ma io non ho ascoltato, e non mi sono addormentato: 

e col cavolo che mi addormento.

L’airone volò nel cielo luminoso, e il Piccolo Paper ammirò dall’alto il laghetto incantato dove viveva: era bello, e luccicava tutto con felicità; i paperini nuotavano lungo le rive, e i pesci, nell’acqua, li seguivano per proteggerli sotto la superficie dell’acqua; intanto i piccioni, compiuto l’attacco, si accostarono all’airone in formazione di scorta, sorridendo al Piccolo Paper. 

Tutto lo stormo, con il Piccolo Paper al centro, planò dolcemente verso terra, proprio sulla riva del lago, dov’era l’ingresso del canneto. Tutti furono felici di vedere il Piccolo Paper, perché erano tutti molto preoccupati: infatti, avevano chiamato in soccorso gli aironi e i piccioni, e le pattuglie del salvataggio paperile erano in perlustrazione già da un po’. 

Il Piccolo Paper raccontò la sua avventura, e tutti, quella sera, festeggiarono il suo ritorno con una festa lacustre a biscottini e gelatino per i paperini e per tutti gli amici: aironi, piccioni, gattini, ragnetti, gabbianelle, coccinelle, lucertoline, lumachine, grilli e tanti altri. 

Il Piccolo Paper era felice e contento, e così tutti gli amici; erano contenti soprattutto perché il Piccolo Paper, quella sera, aveva capito bene che:

  1. la birra fa schifo, di fatto;
  2. i cattivoni, oggettivamente, non sanno divertirsi e neanche giocare a giochi belli come saltapaperino, ma fanno giochi stupidi dove si trattano male;
  3. chi perde va premiato, e anche chi vince va premiato, ma solo per secondo;
  4. i biscotti e i gelatini possono piacere anche a gente proprio stupida e magari anche cattiva;

il che non è poco.

L’avevo detto, io, che non mi addzzzzzzzzzzzzz… ronf ronf…

venerdì 28 marzo 2008

17. LETTERATURA PAPERILE ANTICA: UN BRANO DI PAPERIO INUTILIORE, I SEC. A.C. (A CURA DI LORD PAPER)


Nella foto Paper: 
Busto in peluche di Papèrio Inutiliòre (I sec. a C.) 
British Museum, London
Ancient Paperian Art Division
(in the garden, near the little lake in front of the main gate)
 
Lord Paper, grande studioso di Storia del Canneto, Letteratura Paperile e Fenomenologia dell'Anatra Applicata, maestro qui al Canneto e in tutti i Canneti d'Europa di color che sanno, mi prega di dedicare un post alla Letteratura Paperile Antica, e mi fornisce un brano di Papèrio Inutiliòre (I sec. a. C.), da lui introdotto, tradotto e annotato.
Non posso che accondiscendere alla richiesta dell'illustre studioso, che è anche un bravissimo professore (soltanto, è un po' dispersivo...).
 

Da

De anatrarum natura et vitiis, 

ad paperinorum servandas caudinas

 ab anatrosa saevitia libri III (tres)

di

Papèrio Inutiliòre (I sec. a. C.)


INTRODUZIONE

(a cura di Lord Paper)

Papèrio Inutiliòre, cari miei paperini e coccinelle e gattini carissimi (ecc. ecc.: sorvolo sull’introduzione; Lord, si sa, è molto cerimonioso), insomma, il nostro Paperio Inutiliore era un papero romano antico, ed era molto, ma molto bravo e serio. Studiava tantissimo, leggeva molto, e scriveva ottime storie paperili, sempre nella lingua di allora, cioè in paperese romano antico, che è molto simile al latino dell’asciutto. Storie di anatre non risulta che ne abbia mai scritte. 

Viveva nel Canneto di Garda Sud; era Capocanneto nella penisola lacustre di Sirmione; sembra che sia stato, per qualche tempo, Capolago. 

Un suo caro amico dell’asciutto, un papero all’asciutto di Sirmione, un certo Gaio Valerio Catullo, che aveva tre nomi chissà perché, era un poeta bravino assai, dicono; ma, purtroppo per lui, era andato a Roma dove si era innamorato di un’anatra che l’aveva fatto ammattire, ed era tornato a casa, cioè a Sirmione, tutto triste e sconsolato, e si era confidato con il suo amico Paperio Inutiliore passeggiando con lui in riva al lago. 

Per il suo amico, allora, Paperio Inutiliore scrisse il suo famosissimo De anatrarum natura et vitiis, ad paperinorum servandas caudinas ab anatrosa saevitia libri III (tres), nel quale gli spiega, in sostanza, specie nel libro II, che un’anatra è un’anatra e non c’è niente da fare. 

Non si sa se l’amico l’abbia ascoltato: pare di no, in effetti. A Paperio, ciò dev’essere dispiaciuto un sacco. 


TESTO

(a cura di Lord Paper)

Liber II (secundus): Immo anatrae

1 Papèritas modus vivendi est: paper semper educatus, verbis atque colpettibus alettarum zampettorumque; semper patiens, semper cum aureo becchetto subridens, semper generosus; nulla re contumeliosus, numquam crudelis, ullo modo incontentabilis. 

2 Natant paperini libenter, tranquilli per aequorem laci nitentem, natantes undinas admirant, aquam delicatissime tangentes suiscum palmatis piedinis; oblatis grati paninis, gratiam Fatae Laci semper de imo agunt corde. 

3 Paper paperinos adiuvat, amicos diligit, omnes amat (si anatrae non sint): omnis rebus, dixi, felix est, laetus, gratus, patiens, vere paperosus omnis cogitationibus suis.

4 Anatra, autem, semper contumeliosa: anàtritas ipsa modus vivendi est, sed aliena omnino a paperina ratione vivendi. Anatra anatrosa est: paucis cum verbis istis, dixi omnia. Semper, inquam, anatra anatrosa est: anatra natante, fugiant paperini. Cave anatram, si sapias. 

5 Pulchrae sunt: immo anatrae. Eodem laco natantes, et eodem natantes illae modo videntur: immo anatrae. Eodem oblato panino, eodem aequore, eodem sole, eodem aere fruuntur: immo anatrae. Mihi crede: cum anatrae sint, nihil faciendi est.


 TRADUZIONE

1 La paperaggine è un modo di vivendo: un papero sempre educato (è), nelle parole e nei colpetti delle alette e delle zampette; sempre paziente, sempre sorridente con il dorato becchetto, sempre generoso; in nessuna cosa ingiurioso, mai crudele, in nessun modo incontentabile. 

2 I paperini nuotano volentieri, tranquilli sull’acqua splendente del lago, e ammirano nuotanti le piccole onde, toccanti con molta delicatezza l’acqua con i piedini palmati loro; grati per i panini offerti, sempre ringraziano la Fata del Lago dal profondo cuore. 

3 Un papero aiuta i paperini, vuol bene gli amici, ama tutti (se non siano anatre): in tutte le cose, dissi, felice, lieto, grato, paziente, davvero paperoso in tutti i suoi pensieri.

4 L’anatra, invece, sempre ingiuriosa (è): l’anatrosità essa stessa, anzi: l’anatrosità stessa, o meglio l’anatrosità in quanto tale, cioè anche: proprio l’anatrosità, oppure: l’anatrosità in persona, dicevo, cioè lei (Lord Paper comincia, forse, a essere un po’ stanco) è un modo di vivendo, cioè, vuol dire, di vivere, cioè, praticamente, uno stile di vita, forse, (è stanco, sicuramente: ma abbiamo quasi finito), ma del tutto lontana, o anche, diversa dalla ragione di vivere paperosa. L’anatra è anatrosa: con queste parole poche, tutto dissi. Sempre, direi, o anche dirò, l’anatra anatrosa è: quando nuota l’anatra, o anche: nuotando l’anatra, oppure: nuotante l’anatra, o meglio: poiché l’anatra nuota, o anche: benché l’anatra nuoti; o forse, nuotasse; effettivamente, non saprei, però il concetto è chiaro: con un’anatra in giro per il lago, fuggano i paperini. Fuggi l’anatra, se hai un po’ di sale in zucca, accidenti (Lord Paper si prende qualche licenza poetica)

5 Belle sono: eppure, anatre. Nello stesso lago nuotano, e nuotanti nello stesso modo sono viste, cioè sembrano: eppure, anatre. Dello stesso panino offerto, della stessa acqua, dello stesso sole, della stessa aria godono: eppure, anatre. Credi a me: loro essendo anatre, nulla da fare c’è.

Grazie, Lord: è una traduzione molto bella, sai? Sei proprio un Maestro…

mercoledì 26 marzo 2008

16. UN'ANATRA HA TELEFONATO


Brioscino al telefono (foto Paper)

Brioscino sostiene che gli devo almeno 30 caramelle, benché, oggettivamente, io gliene debba, di fatto, 50 (e anche un paio di brioches alla crema abbondante).

E’ andata così: un’anatra, dice lui, o meglio: qualcuno che si è passato per tale… qualcuno, insomma, con chiaro accento anatroso, gli ha telefonato offrendogli 30 caramelle se lui avesse convinto la Sig.ra ***** a cambiare papero, vista la mia inutilità pressoché totale, la mia carenza di qualità estetiche e la totale assenza, in me, di possibilità presenti e future di carriera e di guadagno. 

Lui, probabilmente, ha risposto che ne voleva almeno 50, non una di meno; e anche un paio di brioches alla crema abbondante. 

L’anatra, vera o presunta, ha riattaccato. Brioscino ha fatto finta di nulla per un po’, mentre l’inquietudine saliva nel suo piccolo cuoricino: e se l’anatra viene a suonare alla porta? Se scrive? Se telefona ancora chiedendo di lui? Cosa dirà il Sig. Paper? E la Sig.ra *****? Non è bello che si sappia che eri disposto a vendere il tuo capocanneto, nella cui mano dormi, per 50 caramelle e un paio di brioches…

Dunque, è venuto da me in lacrime, e mi ha fatto un concitato e commosso discorso, dal quale si ricava sostanzialmente che:

  • un’anatra ha telefonato;
  • cattivissima e beffarda, l’anatra voleva la mia pelle, e tutte le mie piume (nessuna esclusa);
  • lui mi ha difeso strenuamente, suscitando la terribile ira dell’anatra;
  • più volte, la sua retorica brillante ha confuso e zittito l’anatra, che schiumava dalla rabbia;
  • l’anatra insisteva, offrendo 30 caramelle;
  • Brioscino, eroicamente, resisteva;
  • vedendo vanificato il proprio intento, l’anatra ha proferito minacce così orrende contro l’intero canneto, che a sentirle si accapponavano le penne;
  • astutamente - vedendo che l’unica soluzione era, appunto, l’astuzia - Brioscino ha finto di accettare, alzando la posta (da 30 a 50 caramelle, con l’aggiunta di 2 brioches alla crema abbondante);
  • l’anatra era tirchia, come si poteva immaginare;
  • così, l’anatra ha riattaccato - esattamente come lui, Brioscino, astutamente sperava, anzi: era certo che l’avrebbe fatto;
  • il canneto, grazie a lui, insomma, è salvo;
  • anch’io, oggettivamente, posso stare tranquillo;
  • gli devo, di fatto, 30 caramelle;
  • oggettivamente, però, gliene dovrei 50;
  • e 2 brioches (alla crema abbondante).

  

Io, Comandino, dico che,

come chiunque non sia un’anatra tonta può constatare,

Brioscino è un paperino bugiardo e traditore.

E poi, l’anatra ne aveva offerte 20, di caramelle.

 

Io, Brioscino, dico a te, Comandino, di farti i fatti tuoi:

se no, io chiedo al Sig. Paper, oggettivamente,

di chiedere a te com’è che sai che le caramelle erano 20.

E ci siamo capiti…

15. DISCUSSIONE CON LA SIG.RA BRUTOLA, MAESTRA DEL CANNETO, SULLA MIA SCARSA SENSIBILITA' DIDATTICA - CON INTERVENTI DI COMANDINO




Nelle foto Paper: 

1. La Sig.ra Brutola, Maestra della Scuola Grande del nostro Canneto,

mentre fa lezione.

2. Brioscino e Trippolo nella scatola dei biscotti.

3. La Sig.ra Brutola con Marcellotto, suo allievo


La Sig.ra Brutola, tanto per cambiare, è preoccupata: dopo che Brioscino si è ammalato ed è guarito, prima mi sono appaperato io, e adesso mi sono anche ammalato, e la Scuola Grande è ancora ferma; il programma non va avanti! I paperini non studiano niente! Soprattutto in aritmetica, siamo ancora al programma di prima! Ma è possibile? Ma come si fa?

In effetti, i paperini mi sono tutti intorno: Brioscino sta con me sotto le coperte tutto il giorno, e non dico che stia zitto, ma insomma: quasi. Ha rinunciato alla marmellata, per oggi, e sbocconcella con me fettine biscottate senza nulla nel tè con il limone – il che, per lui, è un sacrificio enorme. Inutilio, finalmente, si sente utile, perché le sue possenti alone sono della misura giusta per portare il termometro e le pasticche per la febbre: sentendosi utile, ha il sorriso perennemente stampato sul becco e un’aria trasognata che non gli avevo mai visto; così, mi misuro la febbre ogni quarto d’ora, il che, francamente, è un po’ scocciante; ma lui è davvero contento. Trippolo e Becchetto giocano, ma senza fare rumore; anche le paperine hanno abbassato il volume della conversazione. Insomma, Sig.ra Brutola, non sono cose importanti, queste? I paperini imparano a rispettare chi sta male, a fare qualche sacrificio, a giocare senza fare rumore – non è bene che lo imparino, questo? E quando, se non quando uno di loro sta male? (o quando sto male io, che, alla fine di tutto, sono pur sempre il Capocanneto!).

E’ vero, con l’aritmetica siamo abbastanza indietro: non è che io, come capocanneto, mi disinteressi di queste importantissime cose; so perfettamente che è così. Certo, però, che l’aritmetica paperile è molto complicata; e poi, mi sembra che ecceda le necessità dei paperini, i cui calcoli sono sempre molto approssimativi. 

Non si arrabbi, Sig.ra Brutola: non ho detto che voglio abolire la Scuola Grande, né che desidero allevare schiere di paperini ignoranti e anatrosi: nessuno meno di me vuole questo, e se lei non si arrabbiasse così lo capirebbe da sé. No, Sig.ra Brutola, non voglio assecondare le tendenze paperili al disimpegno e all’ozio,

e invece sì, che vuole! Basta guardare

come si comporta con il salamino giallo:

diseducativo, pedagogicamente scorretto: molto sbagliato.

Ma io Comandino, forse, questo l’ho già detto: 

comunque, anche se l’avessi già detto,

farei bene a ripeterlo, perché le cose stanno esattamente così. Ed era ora

che qualcun altro glielo dicesse! Finalmente!

E non è vero che voglio la fine della millenaria cultura paperile; solo, le faccio notare che in questa situazione, cioè quando uno dei paperini sta male e tutti gli altri sono lì con lui, lei può conoscere meglio i suoi paperini, può parlare con loro… non ho detto far lezione, ho detto parlare: lo so anch’io che non si può fare lezione, ma si può dialogare con i paperini, ed educarli parlando con loro, giocando anche… sì, esattamente: giocando… come vuole che si fidi di lei un paperino, se lei non ci gioca mai? Come vuole che l’ascolti? …lo so, ascoltare è il suo dovere, va bene, posso anche darle ragione su questo… ma insomma, se il paperino ascolta volentieri, non è meglio? E poi, l’aritmetica del canneto, effettivamente, è complicata… non sto dicendo che non va insegnata più, Signora, non mi fraintenda… sto solo dicendo che ci vuole tempo…

 Vieni, Brioscino, facciamo un esperimento… no, la Sig.ra Brutola ce l’ha con me, non con te… non preoccuparti, quando le è passata le parliamo… allora, Brioscino: proviamo a contare i biscotti nella scatola di latta… ho detto contare, non mangiare… così, uno a uno, con l’aletta… Quanti ce ne sono?

“Oggettivamente, abbastanza…”

Cioè, quanti?

“Uffa, lo sai che a contare mi stufo… di fatto, ce n’è abbastanza: e si vede benissimo a occhio, basta guardare… anche per me e Becchetto ce n’è abbastanza… e anche per Trippolo, oggettivamente, perché lui tanto i biscotti non li mangia e mangia i prosciutti e i salami che ha nascosto nel cassetto vicino al frigorifero, e crede che tu non lo sai… se invece viene anche il Còntolo Soldini, a mangiare, allora no che non ce n’è abbastanza e bisogna che tu ce ne metta ancora… se viene solo a contare, invece, ce n’è abbastanza… ma non credo: lui mangia, di solito… e quindi non ce n’è abbastanza…”

No, Sig.ra Brutola, non voglio la rovina del canneto… solamente, Brioscino non ha torto: quanti ce ne sono, cioè se ce ne sono abbastanza o no, dipende da chi viene a mangiare e da che intenzioni ha… direi, anche, dipende da quanta fame ha… e non è lo stesso se farcisce i biscotti con la marmellata, o se li mangia così come sono, cioè senza farcitura, perché allora ne mangia di più, ma non è detto che li mangi più volentieri… e ogni paperino ha i suoi gusti e le sue preferenze… è questo che volevo farle notare… no, Signora, non ce l’ho con lei… la prego, non faccia così…

Tutta la mia solidarietà, Sig.ra Brutola:

sapesse, io Comandino, come la capisco!

Che mondo! Che tempi!

Dove andremo a finire? Mah!