giovedì 3 aprile 2008

20. LA MERAVIGLIOSA STORIA DI EMILY PAPERSON (Una lezione di Lord Paper alla Scuola Grande del Canneto)



Nelle foto Paper: 
1. e 2. affollata conferenza di Lord Paper
 qui alla Scuola Grande del Canneto

Da quando è giunto l'autunno ed è ricominciata la scuola, la Sig.ra Brutola ha una classe molto vivace, che le dà un gradissimo daffare. 

Per praticità, i paperini del primo, del secondo e del terzo anno fanno scuola tutti insieme: la formazione del papero, infatti, è progressiva, ma non è organizzata in tappe rigide e consequenziali come la scuola al di fuori del canneto, dove se non hai fatto la prima non puoi fare la seconda e dove un alunno di terza non perderebbe mai tempo a parlare con un alunno di prima – e dove un maestro, per la verità, non farebbe mai lezione a ragazzi di quarta e quinta insieme, perché pensa che ciascuno debba stare con i suoi coetanei a fare solo le cose sue, cioè quello che gli altri pensano che vada bene per lui. Una maestra di canneto, invece, pensa che un paperino di prima possa essere molto utile a uno di terza, e che un paperino di seconda possa imparare molto da un paperino di prima: perciò, la vera maestra di canneto presta la massima attenzione ai paperini più piccoli, e ritiene giusto che nessuno li umilî sfoggiando le sue conoscenze – anzi: nulla dev’essere detto che non sia comprensibile a un paperino di prima, che, comunque, stupido non è, e capisce un sacco di cose; e i paperini più grandi devono spiegare bene le cose difficili che sanno in modo comprensibile per tutti. Non è facile, oggettivamente: bisogna conoscere bene le cose che si sanno per spiegarle con chiarezza a un paperino di prima, e averci pensato sopra molto a lungo.

C’è chi dice che il metodo della Scuola Grande sia antiquato e senza effetti: lo dicono, soprattutto, i maestri della Scuola Brutta delle Anatre. Secondo loro, più un’anatrino ha paura e più impara; più ammira i grandi sentendosi una cicca, e meglio è; più fa a beccate con i suoi compagni, e meglio sta; meno capisce, e più gli viene la voglia di sapere per far restare a becco aperto, un domani, gli anatrini ignoranti e stupidelli che verranno, come lui adesso, a frequentare la Scuola Brutta.

Personalmente, non mi occupo di anatrini, anche se qualcuno, per la verità, l’ho anche avuto a scuola: la scuola dove insegno io, infatti, è aperta a tutti, e vi si trovano sia anatre che paperi (si trova a pochi passi dalla riva del lago, proprio vicino al Canneto centrale di Garda est); tra i maestri, ci sono soprattutto anatre, e la vita non è facile per me. Per fortuna, però, vi insegna anche qualche papero, e più d’una papera; vi sono anche papere che hanno fatto l’esame (da anatre), e poi papere inconsapevoli, anatre beffarde, anatre ottuse, anatre autoritarie, anatre ignoranti e paperi pazienti. Io, comunque, non mi trovo male. Ma il metodo della Scuola Grande è sicuramente efficace, perché i paperini vanno a scuola volentieri; tornano contenti, ridono e fanno le capriole sul copriletto della camera mia e della Sig.ra ***** – il che, di fatto, depone bene.

Comunque, la Scuola Grande è frequentata, oltre che dai paperini piccoli di Vicolo *****, anche da altri piccoli del vicinato. Esattamente, troviamo tra gli allievi interni:

  • al primo anno: Becchetto;
  • al secondo anno: Brioscino;
  • al terzo anno: Piccolo Lord, Gongolo, Frittolo;
  • Trippolo, che è fuori corso per rifiuto di iscrizione ma va a scuola lo stesso tutte le mattine;

e poi, le paperine:

  • Trippola e Chanel, al corso superiore per papere di lago di prima classe;
  • Lelly, ripetente a vita, ma nessuno sa perché;
  • Gongola, al terzo anno come Gongolo;

e anche:

  • Zum, il cammellino del Nilo;
  • Bobby, un cagnolotto nano inglese amico di Becchetto che parla paperese del nord e che frequenta, come Zum, il primo anno;
  • gattini di città, due per l’esattezza;
  • quattro rondinotti chiacchieroni che non sono emigrati con l’arrivo dell’autunno (a stare lassù, appena sotto le nuvole, pare che soffrano di vertigini; e poi, dicono, lassù fa freddo);
  • un gabbiano bianco, molto amico di Piccolo Lord;
  • tre gabbianelle amiche di Chanel;

ci sono anche altri piccoli amici di città:

  • un topino grigio, molto malinconico e taciturno;
  • tre ragnetti innamorati delle gabbianelle;
  • una cavalletta che è diventata campionessa di saltapaperino già dal primo giorno;
  • sei grilli che stanno sempre insieme;
  • sei coccinelle che stanno sempre insieme a un grillo per ciascuna;

 e via dicendo.

Inutilio prepara i banchi, lucida perfettamente il pavimento scivolandoci sopra con le zampone imbottire di feltro, sistema la lavagna, porta il registro, fa il giro a chiamare tutti i paperini più i piccoli amici di città, accompagna Brioscino, Bobby, Zum e Becchetto assieme a Chanel e Trippola, controlla le cartelle (che contengano tutto l’occorrente), accoglie la Sig.ra Brutola con un inchino e assiste a tutte le lezioni. 

Per la verità, questo preoccupa un pochino la Sig.ra Brutola, perché teme che Inutilio si annoi, ma lui non si annoia affatto, anzi: segue con estremo interesse le lezioni di Storia del canneto, e si accerta che Piccolo Lord e Bobby abbiano compreso, traducendo all’occorrenza in paperese del nord, lingua che non ha segreti per lui; esegue con impegno le operazioni assegnate da Còntolo Soldini, che da quest’anno dà una mano alla Sig.ra Brutola insegnando Conto ed economia domestica del paperino e del canneto; scrive su un quadernetto un po’ consunto tutto ciò che la Sig.ra Brutola traccia alla lavagna, e decora gli schemi di Lingua e letteratura paperese, Bontà di paperino, Disciplina del cibo ecc. con disegni molto raffinati eseguiti perfettamente a china e colorati a pastello; impara a memoria un’altra volta tutte le poesie paperesi che sa già, e ciò comporta per lui una fatica immane (per non barare con la maestra, poiché le sa già, prima di impararle, cosa che gli riesce estremamente facile e veloce, deve dimenticarle: e questo sì che gli porta via moltissimo tempo); ascolta ogni lezione con vero trasporto, e fa infiniti complimenti alla Sig.ra Brutola, per manifestarle tutta la sua gioia di imparare, anche se nessuno dei paperi adulti lo prende sul serio, visto che tutti sanno che lui le cose le sa già – comunque, i paperini ne restano molto impressionati, e l’esempio di Inutilio è davvero utilissimo al profitto della classe.

Quest’anno, chissà perché (in realtà, è una cosa che fa spesso, e che gli piace un sacco fare - ma si sa, è un po’ timido anche lui, e raramente si offre di farlo; le maestre, poi, intimorite dalla sua fama di saggezza e dalla sua autorità, sono altrettanto timide; e così, loro non gli chiedono e lui non si offre; cioè, lo fa, alla fine, assai di rado) Lord Paper terrà alcune lezioni alla Scuola Grande di Vicolo *****. 

Registro qui alcune delle sue parole, così come le traggo dagli appunti di Inutilio, che è inutile solo perché non ha scelto la professione di stenografo: i suoi appunti, infatti, sono chiarissimi e completi - praticamente perfetti: c’è tutto, persino i colpetti di tosse delle coccinelle, le chiacchiere dei paperini più giovani, le occhiate di Brioscino a Chanel e al Piccolo Lord, la misura esatta del becco di Frittolo con le sue numerose modificazioni, becco crescente e becco calante, a seconda della giornata e del momento.

 

LA MERAVIGLIOSA STORIA

DI EMILY PAPERSON

Ovvero

UNA LEZIONE DI LORD PAPER

ALLA SCUOLA GRANDE DEL CANNETO

trascritta dai perfetti e utilissimi appunti di Inutilio 

a cura del Sig. Paper

(che aggiunge qualche spiegazione tra parentesi,

per fare contento, di fatto, Comandino:

e le scrive in rosso, così che si vedano bene)

 

Chi parla, ovviamente, è Lord Paper: e parla in prima persona;

ma il Sig. Paper, lui, mica ve lo dice, che è così.

Fortuna vostra che ci sono io Comandino a dirvi queste cose.

 

Paperini cari, eccoci qui a trascorrere un po’ di tempo insieme; state bene? Siete seduti comodi? Voi coccinelle mi vedete? E tu gattino? Frittolo, potresti accorciare un poco il becco? Grazie, Frittolo, sei un vero gentilpapero; e voi, grilli, se volete saltellare un pochettino fate pure, non c’è bisogno che me lo domandiate; solo, cercate di non esagerare; Chanel, come sei elegante stamattina; no, Piccolo Lord, non è il momento adatto per un whisky; rimandiamo a dopo, eh? 

Becchetto, certo che puoi rimanere: la lezione è per tutti, non devi sempre pensare di essere importuno; no, non mi disturbi se rimani, assolutamente, anzi; ma certo che sei il benvenuto, tutti i paperini e tutti gli amici lo sono; no, Becchetto, non ti preoccupare, sono tutti d’accordo che tu resti. 

Brioscino, puoi pulirti il becco un pochettino? Con l’aletta, bene, così: avevi un po’ di bricioline ancora dalla colazione. Gongolo, sono felice di vederti così contento; anche tu, Gongola, è un piacere ritrovarti. Va bene, Bobby, ma certo che puoi stare in groppa a Zum: ognuno stia come si trova meglio, l’importante è stare bene qui tra noi. Topolino, come sei malinconico! Vedrai, questa storia ti rinfrancherà. No, Trippola, giochiamo dopo a saltapaperino; dillo tu alla cavalletta, per favore, non vorrei che si sentisse rimproverata se glielo dico io; grazie, Trippola, sei davvero gentile. 

Sù, ragnetti, venite più vicino: chi vi ha detto che dovete stare solo negli angoli? Chi? Trippolo? Lo sapete che è giocherellone, vi ha fatto uno scherzo… ma no, non vi voleva offendere… lui scherza, è un po’ burlone… ma sì, venite giù. Grazie, gabbianelle, è molto carino da parte vostra… sì, mi fa molto piacere… grazie tante

(Lord è assai gentile, ma non è così cerimonioso come potrebbe sembrare: dice davvero, sinceramente. Di fatto, va avanti così per un bel po’, ma io passo al succo della storia, altrimenti qui facciamo notte. Lord, comunque, è un grande studioso: un vero e proprio pozzo di sapienza).

Devo ringraziare la Sig.ra Brutola per questo gentilissimo invito: e ci tengo a dirvi, paperini, anzi, paperini e amici cari, anzi, amici cari e paperini cari, direi carissimi paperini e cari amici, anzi lo stavo per dire, ma nel senso che mi siete carissimi tutti quanti e non solo i paperini, cioè non dovete pensare che io dica carissimi dei paperini e solo cari degli altri, come se i paperini mi fossero più cari, cioè carissimi, anche se lo sono, ma non più degli altri, che sono carissimi anche loro; perché l’uso del superlativo in senso affettivo può essere morfologicamente come la trascrizione, direi la sustanziazione di un quid affettivo, che viene altrimenti significato con equipollenza dal tono della voce e dalla comunicazione non verbale, pur nella difformità morfemica; cioè, mi siete cari tutti, ma stavo per dire cari amici e carissimi paperini, e insomma non l’ho detto, ma anche se l’avessi detto non avrei voluto dire quello che potreste aver capito, cioè che i paperini mi siano carissimi e gli altri solo cari, cioè, no…

(quando è contento, Lord diventa decisamente prolisso, e a volte non si capisce neanche lui; ora arrossisce, tossicchia leggermente, si riaggiusta gli occhiali sul becco, deglutisce e riprende a parlare; Lord, si sa, è un grandissimo studioso)

 La sig.ra Brutola mi ha invitato, e io ne sono molto contento: contentezza di papero la mia, anzi: di vecchio papero, lasciatemelo dire. Perché la contentezza di un papero è una contentezza tutta particolare, unica al mondo: è contentezza paperile, che pochi possono comprendere; eppure, sarebbe così facile da capire, così bella da vivere, così semplice da ottenere: e tutti, in realtà, possono provarla. Non le anatre, certo: un’anatra non è mai contenta; c’è qualcosa, nella natura dell’anatra, di variamente modulato, che determina un’idiosincrasia gestaltica alla contententezza, direi semiotica, anzi, afferente alla determinazione percettiva dell’universo categorizzato…

(qui Lord si guarda smarrito intorno, e vede che la cavalletta, Zum, Becchetto e Brioscino, assieme ai gattini e alle gabbianelle, stanno organizzando un torneo di saltapaperino con la variante dell’aletta estesa, che lo rende più divertente; del resto, Lord si perde facilmente, e segue i suoi pensieri di studioso eccelso; ma, dico io, come può un paperino di prima, o una coccinella giocosa, o un gattino di seconda, o anche solo un ragnetto di terza seguire i pensieri di Lord quando parte per le cose sue, e va così lontano che non ci si raccapezza più nemmeno lui? Lord, del resto, è un bravissimo professore; soltanto, è un po’ dispersivo. 

Dopo aver assistito al torneo di saltapaperino – non si sarebbe mai permesso di interromperlo -, dopo aver fatto il tifo per le gabbianelle gridando come un matto e saltando come un paperino da latte euforico e felice, dopo aver retto l’asta che i paperini saltano a turno, dopo aver fatto egli stesso da ostacolo per il conseguimento del premio finale – un biscottino offerto generosamente, chissà come, da Brioscino -, dopo essere stato saltato via da tutti e aver proclamato allegramente il vincitore nella persona del gattino Tim, rossiccio e molto simpatico, Lord incrocia lo sguardo severissimo e scandalizzato della Sig.ra Brutola; allora, tutto sudato e tossicchiante, si ricompone, raccoglie gli occhiali da terra, riprende il suo posto in cattedra, raduna i paperini, li lascia andare a bere un po’ di coca-cola nel frigo del canneto, offre loro un gelatino ristoratore portandolo con le sue sapienti alette, ne mangia uno anche lui, ride e scherza ancora un po’, poi li richiama dolcemente all’ordine, e riprende la lezione. 

Non che l’avesse interrotta: se i paperini non sono felici, come fanno a imparare qualcosa? E se lui non li avesse lasciati giocare, sarebbe stato ascoltato malvolentieri: e questo, assolutamente, non va bene in una Scuola Grande di Canneto. Ora, riprende la lezione)

Paperini cari, cari piccoli amici: è questo che ci dirà la meravigliosa storia di Emily Paperson: che si può essere felici, a questo mondo, nei nostri laghi e nei canneti nonostante le anatre, e proprio nella nostra povertà e pazienza paperile, grazie alla nostra bontà specifica di paperini…

(Sta per partire per una lunga spiegazione sulla bontà e pazienza paperili, sulla povertà connaturata alla vita del papero, ecc. ecc.; ma lo sguardo severo della Sig.ra Brutola lo riporta immediatamente all’ordine; tossicchia ancora un po’, si asciuga un po’ la fronte con la saggia aletta, e prosegue)

Emily Paperson, la papera più illustre della nostra poesia paperile; la perla della nostra letteratura paperese; la paperessa poetica più eccelsa… mi sono chiesto spesso, vi dirò, dove stia lo specifico metastorico della nostra poesia paperile, cosa semanticamente la caratterizzi, non solo dal punto di vista fonologico…

(Osservando la Sig.ra Brutola, Lord si rende conto che ella sta per avere una crisi di nervi; prosegue, allora, in tono un po’ meno accademico, cercando, nei limiti del possibile, di arrivare al sodo)

Ma non è questo che volevo raccontarvi: sull’argomento, del resto, ho scritto tutte le voci dell’Enciclopedia del papero perfetto, e anche 76 volumi e mezzo per le edizioni Paper… il primo riguarda la semiotica del papero, cioè, volevo dire… nel quarantaduesimo, insomma, l’argomento è affrontato in chiave ermeneutica, con una certa curvatura fenomenologia del tutto opportuna, visti gli sviluppi socio-pragmatici della scuola di Palo Alto…

(Lord si emoziona, arrossisce ancora e suda visibilmente fino al becco)

…però, dunque, non è il caso che stiamo a divagare… Emily Paperson, vi dicevo, viveva nella zona del laghi belli d’America, cioè lontano lontano… no, Becchetto, non di là dal lago nostro, ma in America, cioè in altri laghi, che sono lontani lontani… no, Bobby, non in quelli di Hide Park… no, non è che non le piacessero i laghi di Hide Park… sono bellissimi, Bobby, nessuno potrebbe dubitarne… certo, sono laghi lontani, ma quelli d’America di più… no, Piccolo Lord, i laghi d’America non sono in Scozia… sì, lo so, anche i laghi della Scozia sono meravigliosi: ah, il verde delle colline scozzesi, come si riflette sulla loro superficie! No, Emily Paperson non li disprezzava affatto, anzi: se li avesse visti, li avrebbe apprezzati moltissimo… ma viveva lontana dalla Scozia… semplicemente perché era nata da un’altra parte…

 Ah, però, i laghi della Scozia! Ricordo una volta, quand’ero giovane papero e studiavo per la mia diciassettesima laurea paperile, dopo il mio ventitreesimo dottorato… o forse prima del trentasettesimo… trascorrevo un periodo nel canneto di Oxford - cioè, Bobby, più o meno dalle tue parti, o giù di lì… esattamente, qualche grado a nord est di Hide Park, ma ti dirò poi con precisione - assieme a un caro amico, Paper Lewis, ottimo scrittore di storie paperili… Le cronache di Arnia, che tutti avete letto… o che avete sentito raccontare… o che sentirete o leggerete tra un pochino… dove si parla del papero Quàckslan contro la strega anatrosa… vabbè, insomma, ero anche insieme a Paper Tolkien, autore del celeberrimo romanzo Il Signore dei paperelli…

(la Sig.ra Brutola digrigna il becco e lo minaccia con l’aletta alzata)

…ma vi racconterò in un’altra occasione…

(a questo punto, l’esultanza in aula è indescrivibile: Becchetto, Brioscino e Bobby giocano a vola-vola-con-l’aletta-sola; le gabbianelle cantano in coro con le passerotte, che sono arrivate un po’ in ritardo, una vecchia canzone paperile adattata al gabbianesco, mentre i gattini battono il tempo, rumorosamente, ma perfettamente a ritmo, sulle due gobbe di Zum, che risuonano, chissà perché, come tamburi; i ragnetti di dondolano ampiamente, in una gara di altalena che appassiona le coccinelle; la Sig.ra Brutola, come una freccia, si precipita sul povero Lord e lo imbavaglia, legandogli anche le acculturate alette con una tovaglia di pizzo; lo spinge lontano dalla cattedra a suon di zampate nel sottocoda, alle quali Lord risponde con gemiti soffocati e sguardi supplicanti...

Sospinto Lord in un angolo dell’aula, la Sig.ra Brutola, con urla potentissime, riesce a richiamare all’ordine l’intera classe, a disporla in un semicerchio semi-ordinato, a zittire paperini, gabbianelle, gattini e coccinelle - i ragnetti, si sa, sono per natura molto silenziosi, e non c’è bisogno di zittirli: basta solo convincerli a stare fermi -, e a riportare un po’ di pace in aula; estratto un volume dell’Enciclopedia del papero perfetto, nel silenzio totale dei paperini e di tutti gli altri, dà lettura - con voce commossa, armoniosa e ben equilibrata - della voce Emily Paperson, scritta a suo tempo da Lord Paper, nei pochi mesi che intercorsero tra il suo sessantaquattresimo dottorato e la sua cinquantottesima laurea paperile, appunto, per l’Enciclopedia del papero perfetto:)

 

Dall’Enciclopedia del papero perfetto

Voce Emily Paperson

di Lord Paper

(legge la Sig.ra Brutola; e chi non sta attento, poveretto lui!)

Emily Paperson, papera di lago, illustre poetessa paperile, visse nella Zona dei Laghi Belli d’America un bel po’ di tempo fa: non al tempo degli aironi saggi, né all’epoca dell’impero anatrile, ma dopo, e dopo molto: prima della grande estate del papero cosmico, cioè, praticamente, è un’estate, questa, che deve ancora arrivare, e dunque anche noi siamo prima – dell’estate, intendo, quella grande del papero cosmico, quando tutti i paperi saranno nutriti con ottimi panini sul filo dell’acqua più calma e più limpida, e le anatre comprenderanno quanto è bello essere paperi, al punto che si faranno papere, si spera; almeno, così sta scritto in antichi libri paperili, ma con Emily Paperson non c’entra nulla, anche se è bello pensare all’estate del papero cosmico, quando veramente sarà fatta pace tra paperi e anatre, non con l’inanatrimento dei paperi, ma con la paperizzazione delle anatre; ma questo è un altro discorso. 

La Paperson viveva molto appartata, in un piccolo laghetto; e conversava a lungo con una papera all’asciutto, alla quale confidava i suoi pensieri paperosi e dalla quale ascoltava confidenze di paperella. La Paperson e la sua amica amavano il sogno e il gioco; amavano i tramonti e le nuvole nel cielo, che sono sempre diversi e continuamente cambiano, perché, diceva la Paperson, il cielo ha molta fantasia, e ci vuole bene: sa di essere visto, e non vuole sfigurare. 

La vita, però, non fu del tutto generosa con la Paperson: suo fratello sposò un’anatra, e la Paperson ne soffrì molto; egli, accidenti, tentò più volte l’esame di anatra, e lo passò anche, ma si sa come vanno queste cose: le anatre non amano chi si fa anatra, e dunque, il povero paperello inanantrito ebbe molto da penare, soprattutto con quell’anatra di sua moglie; cosa che, se avesse sposato una paperella, non gli sarebbe certo capitata. 

Il canneto era vasto, e si estendeva molto – in America, si sa, tutto è più grande, anche i laghetti e, di conseguenza, i canneti; la Paperson si ritirò in un angolo, quasi sola, vedendo pochissime altre papere; spesso, usciva a nuotare, sempre da sola, e spesso, invece, conversava con la sua amica dell’asciutto passeggiando sulle rive, o nuotando appena sottocosta. Nelle loro poesie, che sono molto simili, troviamo la natura del lago e intorno al lago: le api, i trifogli, il vento e le nuvole; e anche molte altre cose. Non c’è dubbio che l’ispirazione fosse della Paperson, e che la sua amica, celeberrima poetessa dell’asciutto, le sia di molto debitrice; ma a lei non dispiaceva di certo, e regalava alla sua amica idee, spunti, riflessioni; e altrettanti, forse, ne riceveva. 

Quale papero non legge le poesie paperesi di Emily Paperson? Quella, ad esempio, in cui ella chiede agli altri paperi, particolarmente ai tanti inanatriti, di giudicarla con tenerezza, cosa che un papero inanatrito, comunque, non sa fare neanche il giorno del suo compleanno né quando, di fatto, è molto allegro (cosa che comunque non accade mai perché le anatre non sanno rallegrarsi per niente al mondo); o l’altra, dove racconta del vento che venne a bussare al suo canneto come un ospite gentile, privo di zampe, che entrò nel pieno della notte facendo appena vibrare le canne e subito se ne andò, increspando l’acqua con dolcezza? 

Infinite sono le melodie paperili che hanno rivestito di musica i versi della Paperson; ella offrì la propria solitudine, e tutti i paperi del mondo le sono grati. Sopravvisse a un feroce attacco di anatre, che incendiò il suo canneto; fu triste per il fratello inanatrito, e per tante altre cose; ancor oggi, ella ci insegna a guardare il lago e a credere che tutto è buono, anatre a parte; e insomma, cosa aspettate ad andare a leggere le sue poesie paperesi? Siete ancora qua a sentire me?

(A questo punto, Lord è visibilmente commosso; la Sig.ra Brutola, commossa anch’ella, gli libera le sapienziali alette, gli toglie il bavaglio e lo abbraccia con trasporto, scusandosi per averlo imbavagliato e pedatato al sottocoda; tutti i paperini e i piccoli amici gli saltano festanti sulla coda, sulla groppa, sul becco e sulle istruite alette; Inutilio, facendosi largo tra i paperini in festa, gli strige l’aletta destra con entrambe le sue possenti alone, e si congratula a voce altissima, con vivo entusiasmo, scuotendo tutto il povero Lord che è, effettivamente, un po’ gracilino; e Lord piange calde lacrime, ringraziando gattini, paperini, ragnetti, gabbianelle, topolini, passerotte e coccinelle a destra e a manca, felice come non è mai stato).

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