domenica 23 marzo 2008

9. COME HO INCONTRATO BRIOSCINO















Nelle foto Paper Rabbit, dall'alto in basso:
1. Inutìlio, papà di Brioscino (giallo) con Lord Paper in un momento di studio.
2. foto di gruppo delle paperine; Trippola, sorella di Brioscino, è la seconda da sinistra nella prima fila; la prima è cioccolatina, mamma di Brioscino.
3. Trippolo, a sinistra, con Comandino.
4. Brioscino con la Sig.ra Brùtola, sorella di suo papà Inutilio, Maestra nella Scuola Grande del Canneto).
5. Il canneto vicino al quale ho incontrato Brioscino.

Circa un anno e mezzo fa, per fare scuola, dovevo andare tutte le mattine in un paesino abbastanza lontano, ed era un’ora e anche più di macchina rossa: a volte un’ora e un quarto, altre volte addirittura un’ora e mezza.


Non prendevo l’autostrada, mai, per due ragioni: primo, l’autostrada passa da tutt’altra parte; secondo, in autostrada tutti corrono, e di anatre c’è pieno. Ti tallonano, ti suonano, ti fanno segni con i fari, ti sorpassano all’improvviso, e vanno tutti come i matti: per un papero, non è un posto piacevole. C’era anche una superstrada per andare alla mia scuola, almeno per un po’, ma anche quella era affollata di anatre da corsa: in particolare, c’erano tante anatre grosse, con ruote enormi, che sono ancora più pericolose di quelle rapide dell’autostrada, perché non sai mai cos’hanno in mente: vanno in file di due o di tre, si fanno gestacci dal finestrino, passano da una corsia all’altra… difficile uscirne vivi. E poi, lì devi pensare a guardarti alle spalle, e di fianco, e davanti, ma a brevissima distanza: devi tenere d’occhio l’auto che ti segue (quella che ti sta attaccata al parafanghi, che se appena freni… patapùm!), e quella che ti sta sorpassando a un centimetro sì e no dalla portiera, e l’altra che ti passa sulla destra e pretende che ti sposti, e quella che ti sta davanti che non si capisce bene cosa voglia fare – e poi le curve, l’asfalto, i guard-rail, i segnali, e gli svincoli, le uscite… non si può vedere niente di quello che c’è intorno.


Perché la strada che sceglievo io, secondaria e poco frequentata, passa in mezzo a tanti campi coltivati, divisi dai filari elegantissimi dei pioppi: e stanno tutti in fila, i pioppi, l’uno accanto all’altro, alti e snelli, senza spingersi, senza litigare; si vede che sono amici, e da tempo immemorabile – chissà, però, che cosa aspettano, così, tutte le mattine, nelle prime luci dell’alba… E dalle rogge, dai canali, dai ponticelli sottili e spesso diroccati su cui scorrono le stradine bianche che escono dalle corti rurali, dai casolari, contornate di cipressi o di ciliegi, accanto a schiere di meli e di peschi, dall’acqua delle rogge, dicevo, sale una bruma leggera, bellissima, che si alza appena, lentamente, come per farti passare, mentre il cielo prova i colori sul suo manto.


D’inverno, la nebbia fitta si solleva, nell’alba, a poco a poco; e sui rami, sugli arbusti, luccica la brina; nel primo autunno, invece, e poi al ritorno della primavera, è la rugiada a riflettere l’aprirsi della giornata. E tu sei quasi sempre solo sulla via, rallenti, osservi, prendi le curve dolcemente, freni appena senza mordere l’asfalto, e non lasci segno alcuno.


Poco prima del paese, sulla strada, i pioppi si allargano verso destra, salutando nella luce; e un canneto prende forma appena oltre il ciglio della strada, alto e sicuro, da un canale che si espande fino a formare una palude vasta, dove vivono gli aironi: una riserva naturale.

C'era un Canneto ad ansa, esposto a sud, riparato a nord, con la caratteristica entrata a collo di papero.


Io, che spesso sono in anticipo con i miei tempi da papero, mi fermavo volentieri a chiacchierare con dei paperi di lì: gente cordiale, un po’ alla buona, paperi di fiume in terra di aironi, e dunque in zona sicura e presidiata.

L’inimicizia tra gli aironi e le anatre è antica, si sa, quanto il mondo; mentre l’amicizia con i paperi è salda e indiscutibile. La letteratura paperese antica canta con ammirazione mitiche figure di eroici aironi che hanno difeso canneti, o di saggi aironi inventori, poeti e medici. Ad esempio, la raffinata conoscenza paperile delle erbe capaci di curare molti mali, dice la tradizione, fu dono di un airone illuminato, con l’assenso di tutti gli altri; e il canto paperile deve molto alle modulazioni degli aironi.

Una mattina, un paperino minuscolo si sporge dal ciglio della strada, sbracciandosi con l’aletta: freno di scatto, tanta è la mia paura di metterlo sotto (e non me lo sarei mai perdonato! ma lui era davvero imprudente).

Gli apro la portiera, e comincio a rimproverarlo: se gli sembra questo il modo, e se io fossi stato un’anatra, e cosa dirà sua mamma, e la strada è pericolosa… lui salta sul pavimento della macchina, e da lì sul sedile, lasciandomi parlare come se niente fosse e cominciando ad adocchiare tutti i pulsanti del cruscotto.

“Sapevo benissimo – mi dice - che non eri un’anatra, e lo sapevi anche tu che io lo sapevo… e comunque mia mamma non si preoccupa per niente perché sa che sono con te e ieri sera glielo ho detto che ti fermavo e mi facevo portare dove vai tu, perché lo so dove stai andando…”. 
“Grazie – dico io – … ma chiudi quel finestrino (strava giocando con il bottone dell’alzacristalli) se no la corrente d’aria ti porta via…”. 
“E adesso tu sai – prosegue - che al centro del paese, vicino alla chiesa, c’è una pasticceria dove lavorano due paperi all’asciutto, e adesso tu mi porti là perché tanto lo so che ci vai prima di andare a scuola, e la Sig.ra ***** non lo sa che ti vai a mangiare le brioche, ma se ci porti anche me non glie lo dico; se no, invece, se non mi ci porti, lo dico a un airone amico mio che glielo va a riferire subito entro un’ora alla Sig.ra *****, che alla tua linea ci tiene e anche alla salute… effettivamente, anche da vicino si vede benissimo che sei un po’ ciccione…”. 
“Ma sei un paperino o un ricattatore anatroso? Lo dico io alla signora *****, e anche a tua mamma che fai questi discorsi che un paperino bravo non dovrebbe assolutamente fare…”. 
“Sì, sì, ma intanto siamo arrivati, e facciamo così: io sto nel taschino della tua camicia, e tu mi ordini una brioscina anche per me…”.

Insomma, siamo entrati nella pasticceria; Brioscino – si chiamava così – ha ordinato per sé due cannoli alla crema, un croissant integrale al miele, uno strudel e una torta limone, e poi un caffè e una brioche (vuota) anche per me. 


Mangiava e parlava, parlava e mangiava, e si guardava continuamente intorno, con una certa inquietudine, per paura delle anatre; ma c’ero io, e poi eravamo nel bar dei due paperi all’asciutto, e una pattuglia di aironi ci aveva seguiti con discrezione, a distanza, per evitarci brutti incontri - del resto, quasi impossibili in quella zona.


Finita la colazione, però, il conto era un po’ salato. “Lo so che non sei tirchio come un’anatra, e poi lo strudel era buono e anche a te piaceva, e insomma quei soldi che hai in tasca a cosa ti servivano? dovevi farne qualcos’altro? Anche l’integrale al miele era buona, ma dovrebbero cuocerla un po’ meglio, e poi il miele era già freddo, domani ce la facciamo scaldare, adesso però mi riporti al canneto, che io a scuola con te non ci voglio venire, primo perché sono troppo piccolo per andare a scuola e questo lo sai anche tu e poi perché non si sa mai che insegni a delle anatre senza accorgertene”.


Riportato Brioscino al canneto, sono andato a fare scuola; e nei giorni seguenti ho conosciuto i suoi genitori. Cioccolatina, la mamma, divideva con il figlio la passione per i dolci, che però si limitavano, per lei, solo al cioccolato, mentre per lui non c’erano esclusioni; il papà, Inutìlio, era effettivamente un papero simpatico e di grande valore, ma del tutto inutile da qualsiasi punto di vista.


Elegante e posato, colto, Inutìlio era un po’ in apprensione per il futuro del figlio: tra qualche mese, Brioscino sarebbe stato in età d’asilo (avrebbe, cioè, compiuto un anno), e Inutìlio avrebbe avuto piacere di mandarlo a scuola dalla sorella, la sig.ra Brùtola, che insegnava nella Scuola Grande del sottocanneto di Verona Centro; stava meditando, perciò, di trasferirsi con tutta la famiglia in uno dei Canneti della città, e aveva sentito parlare bene di me e della sig.ra ***** (le voci girano, anche e soprattutto tra i Canneti!). Ci capimmo al volo, e prendemmo l’accordo: lui, la moglie e il figlio sarebbero venuti a vivere da noi.

Decidemmo di andare per gradi: Brioscino sarebbe venuto a trascorrere qualche pomeriggio con i paperini del nostro canneto; e poi anche Inutìlio e Cioccolatina avrebbero preso a frequentare il nostro Canneto, inserendosi gradualmente in esso e rimandando il trasferimento definitivo all’inizio dell’estate. La Sig.ra ***** approvò, e così facemmo.

Sulle prime, Brioscino strinse amicizia quasi esclusivamente con Comandino; penso che si debba ancor oggi a quel primo periodo il modo di fare un po’ saccente che Brioscino ha maturato nel tempo, a contatto con la cerimoniosità un po’ gesuitica di Comandino.


Nei viaggi in macchina, Brioscino mi raccontava un sacco di cose. Ad esempio, che Comandino diceva: che io sono stupido, che non ho i concetti, che mi dimentico sempre le cose, che non ho una lira e non ne avrò mai neanche mezza, che non chiudo mai la porta a chiave, che studio cose assurde e perdo un sacco di tempo in cose inutili, che la Sg.ra ***** farebbe bene, secondo lui, a cambiare papero perché io sono grasso e difettato, e come estetica lascio molto a desiderare, e che sono un papero inferiore perché sono un papero pirla e via dicendo, cioè che tanto non avrò mai un lavoro decente e che dovunque vado mi prendo delle beccate da paura e che sono un papero fallito e anche un po’ indietro di comprendonio perché non capisco mai come fare i miei interessi e tanto mi andrà sempre tutto male e infatti si vede che bei risultati ho ottenuto da tanto studiare e faticare da pirla.


Insomma, Brioscino mi riferiva tutti i discorsi di Comandino: non che io non li conoscessi, perché conoscevo bene Comandino e non davo alcun peso alle sue parole; ma sentirmeli riferire così… non era molto piacevole. 

Che io sia povero, poi, è vero; ma che sia un fallito, proprio no! Se il mondo, che è dominato dalle anatre, non apprezza quello che io ho, e lo apprezza invece la Sig.ra *****; e se per le anatre devi avere successo mentre io che sono papero posso avere gente che mi vuole bene ma il successo non lo devo cercare; insomma, se le cose stanno così, ciò oltrepassa la capacità di comprensione di Comandino, che è anche molto teatrale quando fa le sue tirate, e nessun paperino lo sta più ad ascoltare e a volte dice delle vere fesserie che sembrano giuste solo all’apparenza, ma che sono in realtà del tutto sbagliate. 

Insomma, ho preso Comandino e gli ho dato una pettinata colossale, che non dimenticherà: perché Brioscino è piccolo e certi discorsi non li deve sentire – e comunque, non sono neanche veri.

Rotto un po’ il legame con Comandino (che gli ha dato della spia venduta al capo delle anatre, cioè a me, per uno stupido paio di brioches), Brioscino si è molto avvicinato a Trippolo, anche perché era accaduto, nel Canneto, un piccolo miracolo: un giorno, la sorella maggiore di Brioscino era venuta in visita da noi, aveva conosciuto Trippolo e… si era innamorata! Ma così innamorata, che da allora anche lei ha voluto chiamarsi Trippola, e i due si sono sposati qui al Canneto. Dunque, Trippolo era ormai il cognato di Brioscino. Giocherellone com’è, Trippolo aveva davvero affascinato il giovane cognato – ma dei loro giochi parleremo più avanti.


Trasferitosi qui definitivamente, Brioscino ha iniziato a frequentare la Scuola Grande sotto la guida della zia, la Sig.ra Brùtola. Non ha perso la sua voracità, ma la Scuola lo aiuta a disciplinarsi: per questo ha sette in Disciplina del cibo, forse più come incoraggiamento che come reale valutazione (la materia, del resto, è secondaria).


Quanto a me, sono diventato il suo mezzo di trasporto, il suo cuscino per la notte, il suo compagno di mangiate (ma ci limitiamo ormai, generalmente, ai soli biscotti secchi); e il suo confidente preferito. 

Quando gioca, trova fondamentale che io lo guardi; lo schermo del mio computer ha la sua fotografia, e così il display del telefonino; quando scrivo, è convinto di dettarmi ogni parola; quando leggo, legge con me (e legge davvero, come ho già detto, e si diverte anche; ma distingue soltanto una lettera alla volta, e sempre molto lentamente).

Ha spesso degli eccessi di golosità: una sera, ad esempio, ero proprio triste e scoraggiato per ragioni mie; la Sig.ra ***** era via, e tornava tardi; io avevo bisogno di un po’ di compagnia, di qualcuno con cui parlare. L’ho cercato dappertutto, per ore, e l’ho chiamato per tutta la casa; niente; era sparito; l’ho cercato e cercato tutta la notte, e non ho chiuso occhio, preoccupatissimo - che l’avesse rapito qualche anatra entrata di soppiatto? che si fosse avventurato fuori canneto e una macchina l’avesse stirato? che avesse fatto il mimetico vicino alla pattumiera, con tanto che gli ho detto di non farlo, e fosse finito in qualche bidone delle immondizie? e via dicendo.


L’ho ritrovato al mattino, aprendo la scatola dei biscotti: era là che dormiva come un sasso, beato, a pancia all’aria, dopo aver spazzolato tutto il contenuto della scatola. E’ stato punito, ufficialmente, con un intero mese a carote crude (che si è ridotto, di fatto, a un solo pomeriggio senza biscotti).

I suoi rapporti con Comandino sono rimasti un po’ conflittuali, ma non è nulla di grave. In realtà, sono molto amici.

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