sabato 29 marzo 2008

18. LETTERATURA PAPERILE MODERNA: IL PICCOLO PAPER (con interventi di Comandino)




Nelle foto Paper:
1. Recita scolastica qui al Canneto: 
Hàribo nella parte del Piccolo Paper (a sinistra),
con Frittolo (nero) nella parte del lupo
 e Bollino nella parte della volpe (non molto realistico, però...)
2. Primo piano di Hàribo nella parte del Piccolo Paper.
3. Illustrazione dell'asciutto per il Piccolo Paper: 
come si vede, all'asciutto non capiscono proprio niente, di paperi...

IL PICCOLO PAPER

di Canneton De Saint-Expapery

(rimaneggiato un po’ dal Sig. Paper Rabbit 

per renderlo più adatto a Brioscino)

 

Mi spiego, o no? Per far piacere al salamino giallo,

cioè, dico: al salamino giallo,

il Sig. Paper cambia le parole 

di un capolavoro della letteratura paperese!

Dico: è chiaro? Mi spiego? Ma si può?

E magari, pretende anche che io ascolti,

io Comandino;  o crede che io lo faccia,

e magari, che mi addormenti anch’io.

Ma si sbaglia.

“Non avresti un biscottino?”, chiese alla volpe il Piccolo Paper.

“No”, disse la volpe, “mi spiace: sono a dieta”.

Tacque un po’. Riprese:

“Anche tu, dovresti: sei un po’ ciccione”.

E aggiunse, inclinando il muso di lato e sbattendo lentamente le lunghe ciglia rossastre: “Noi volpi siamo molto sincere”.

“Grazie”, rispose il Piccolo Paper. “Oggettivamente,” proseguì “però, io non sono affatto ciccione: ho il becchetto astuto e le piumette dai riflessi gialli intelligenti; sono molto carino, soprattutto di profilo; di fatto, sono un paperino esatto, e vado bene così, anche se sembro, magari, a vedermi da lontano, oggettivamente, un po’ sovrappeso; ma solo da lontano, perché da vicino si vede benissimo che non è vero; e infatti non lo è. Ma tu – riprese – che animaletto sei, di fatto?”

Il Piccolo Paper guardava la volpe da lontano, e con una certa diffidenza. Non si sa mai, pensava: magari è un’anatra stupida travestita da volpe, che con le anatre non puoi mai sapere.

“Una volpe” rispose la volpe.

“E non hai neanche un biscottino da darmi? Un po’ di gelato? Un profiterol? Un budino? Uno yogurt al mirtillo? Un pandorino? Un creme-caramel?”

“Tu dovresti averlo, se è vero che vuoi diventare amico mio”.

“Perché, scusa? Io sono più piccolo di te, e quindi sei tu che devi cercare di diventare amico mio”.

“Si dice amica mia, perché io sono una volpe”

“A me sembrava che fossi un volpo”, rispose perplesso il Piccolo Paper.

“Sì, effettivamente sono un volpo; ma si dice lo stesso una volpe, anche se sono un volpo. E’ come quando, all’asciutto, le persone si danno del lei: anche se uno è uno e non una, gli si dice lei e non lui; e neanche tu”.

“Insomma” seguitò il Piccolo Paper “lei è un volpo che si dice volpe e gli si dice lei anche se è lui”.

“Esatto”.

“Vedi che io sono intelligente? E anche carino, di fatto. E comunque, oggettivamente, avrei anche un po’ fame”.

“Se vuoi diventare amico mio, devi essere tu che mi porti un biscottino o qualcosa che mi piaccia – alla crema, no, e neanche al burro; al cioccolato va meglio, specialmente con la glassa bianca; e preferisco i biscotti al gelatino, anche se un buon gelatino coi biscottini lo mangio sempre volentieri”.

“Va bene” disse il Piccolo Paper, sbuffando sottovoce tra sé e sé.“Adesso vado a vedere se a casa ce ne sono come piace a te” – e pensava dentro di sé: col cavolo che te li porto, a te, i biscottini, col gelatino pure, al cioccolato e con la glassa! Ma chi ti credi di essere? Anatra che non sei altro!

“E quando torni” lo ammonì la volpe con estrema serietà “fermati più lontano, questa volta, e aspetta con i biscottini in mano. Io uscirò a poco a poco dalla mia tana,

Tuono e vento, tuono e vento,

non mi addormento, non mi addormento,

io Comandino, fino al mattino,

con questo racconto stupido e tonto

e annuserò i biscottini da lontano, sentendone il fine profumo nell’aria. Per questo, è bene che i biscottini siano appena usciti dalla confezione, e non che siano da un paio di giorni nella biscottiera di latta: cioè, devono avere tutto il loro profumo, se no come faccio io a sentirli fin da qui? Saranno dieci o quindici metri, centimetro più, centimetro meno. Insomma, tu verrai con i biscottini in mano; poi li lascerai lì per terra e ti allontanerai. Perciò, magari portati un piattino: le cose che cadono per terra mi fanno proprio schifo, e non le mangio; prendilo del colore che vuoi, il piattino, ma se è azzurro a fiorellini, meglio; se lo porti rosa, però, mi offendo, perché io sono un volpo anche se si dice una volpe, come già sai; bianco no, perché mi mette tristezza; meglio in porcellana, è più indicato, ma fa lo stesso; solo, non di plastica. 

Allora, quando ti sarai allontanato, io uscirò scodinzolando allegramente, e mi avvicinerò con circospezione; mi vedrai saltellare qua e là, e poi avvicinarmi e annusare, soppesare, mordicchiare e infine mangiucchiare i biscottini che mi hai portato. Allora ti guarderò da lontano e ti dirò grazie col pensiero. 

Quando domani tornerai, io ti aspetterò sulla porta della mia tana, e sarò felice appena sentirò il tuo passo di lontano; mi raccomando, i biscottini, un po’ di più questa seconda volta; cioè, mangiane meno tu per strada e portamene un po’ di più; sempre col piattino, ovviamente, azzurro a fiorellini, di ceramica; e che sia lavato e asciugato ben benino, e non con le briciole del giorno prima; e anche un bicchiere di Coca-cola con ghiaccio, aggiungi, ma senza limone, mi raccomando… e portalo con attenzione, se no lo spandi tutto per strada e a me viene il nervoso…”

Il Piccolo Paper ascoltava con estrema attenzione: ma pensa un po’, pensava.

“E poi, quando siamo amici” chiese il Piccolo Paper “cosa facciamo? Giochiamo a saltapaperino? A vola-vola-con-l’aletta-sola? Ci mimetizziamo sui divani del salotto? Insomma, a cosa giochiamo? Cosa facciamo?”

La volpe lo guardò con aria interrogativa.

“Perché, non ti va bene se guardiamo la TV bevendo birra? Così facciamo tanti ruttini sonori uno dopo l’altro, e c’è da vedere “Amici” a mezzogiorno, dove vanno le tortore a litigare in TV e a dirsi un sacco di parolacce, che è bellissimo starle a sentire; e magari, se siamo fortunati, le vediamo che si menano pure; e poi, c’è la partita alle tre e mezzo. Potremmo anche andare allo stadio del boschetto, a vedere anatre-gabbiani, e se siamo fortunati c’è una bella rissa con i gatti e poi andiamo tutti a picchiare con gusto la tifoseria dei piccioni…”

“A me, oggettivamente, non piacciono le parolacce”, disse il Piccolo Paper, molto corrucciato “e neanche andrei mai a picchiare un piccione, perché non è bello picchiare la gente. E poi, la birra mi fa schifo, di fatto, e anche a te dovrebbe… ed è più bello giocare a palla senza darsi le botte…”.

“Sbagli” disse la volpe “è divertentissimo picchiare la gente, e la birra non fa affatto schifo: i piccioni, poi, sono così stupidi, che picchiarli è proprio un gusto…”

ma che anatra è, questa volpe?

Stai attento, Piccolo Paper!

E comunque, io non ascolto, luce sul volto,

non mi addormento, tuono e vento

“A me” disse il Piccolo Paper “piace giocare con gli amici, a saltapaperino e a quello che ti ho detto; e chiacchierare e ridere e mangiare biscottini insieme, e non mi piace vedere delle anatre stupide che si dicono parolacce e si fanno del male…”

“Male” disse la volpe “perché invece è divertentissimo: voi paperi, proprio, non sapete divertirvi. Ma se diventi amico mio, allora sì che ti diverti! Te lo posso garantire: provare per credere. Dunque, se vuoi, portarmi, invece di chiacchierare, i biscottini con la Coca-cola… se ti sbrighi, facciamo a tempo anche ad andare in birreria a fare una bella partitina a poker…”

“Io a poker non ci so giocare” disse sottovoce il Piccolo Paper.

“Oh, ti piacerà: chi perde viene spennato sul posto, ma poco alla volta, così fa più male, e se ne va piangendo, e tutti gli tirano le ghiande dure sulla testa… è bellissimo… se vinci, ovviamente… ma con me vicino, non puoi perdere… le carte bisogna conoscerle… e io le fabbrico…”

La volpe estrasse dalla tasca un mazzo di carte e le sventagliò come una coda di pavone sotto il becchetto del Piccolo Paper.

“Carte truccate” disse “di ottima qualità… et voilà! Ci si fa ricchi, caro mio…”

“Ma è disonesto… e poi non è bello giocare così… e chi perde non deve piangere, perché è solo un gioco… noi paperini, il premio lo diamo a chi perde, non a chi vince, perché così si fa…”

La volpe rise a crepapelle.

“Il premio a chi perde… questa è bella… c’è chi vince e chi perde, caro mio… e chi perde, perde, e peggio per lui… se perde, vuol dire che se lo meritava… anche chi perde, credi a me, la pensa così, altrimenti non verrebbe a giocare con noi…”

“Ma insomma, io ho fame, e tu chiacchieri e basta e mi dici cose stupide che a un paperino non si dicono… e poi, oggettivamente, sono io più piccolo, e quindi sei tu, di fatto, che devi dare biscottini a me, non io a te…”

“Nel canneto, forse: ma qui, caro mio, chi è più piccolo vuol dire che è più debole, e quindi è lui che dà da mangiare a chi è più forte – a chi è forte come me, per esempio… e anche di corsa, e senza sbagliare…”

“Tu sei brutto e stupido…”, sbottò il Piccolo Paper – ma le zampette già gli tremavano.

Anziché offendersi, come il Piccolo Paper temeva dopo aver detto a fior di becco ciò che gli passava nella mente, la volpe rise ancora di più, e si avvicinò con fare minaccioso; ma la risata gli si spense in gola quando una potentissima zampata nel sottocoda la fece sobbalzare.

“Allora, stupida volpe inutile e scema” disse una voce roca e sgraziata alle sue spalle “dov’è il mio pranzo? Sono stanco di aspettare…”

Era un lupo gigantesco, enorme e cattivissimo, con i denti lunghissimi e bianchi e con la bava alla bocca: il Piccolo Paper era terrorizzato – tremava fino al becco, coda compresa.

Io non ascolto, luce sul volto,

tuono e vento, non mi addormento -

non son raccontini da paperini…

“Oh” disse il lupo alla volpe che tremava tutta come il paperino e anche di più, guardando in direzione del Piccolo Paper “vedo che almeno mi hai procurato l’antipasto… così, anzichè scuoiarti viva, ti taglierò solo la coda un pezzetto per volta… dopo mangiato, ovviamente…”

Il Piccolo Paper si vide perduto, e si girò di scatto mettendosi a correre: sentiva il fiato del lupo alle sue spalle, e la risata isterica della volpe. Si raccomandò alla Fata del lago, e supplicò il vento di aiutare le sue minuscole zampette; il lupo gli era quasi addosso…

Corri, Piccolo Paper! Corri, sù!

Ma che storia è? Io Comandino avevo sonno…

In quel preciso istante, uno stormo di piccioni sorvolò in formazione d’attacco la testa brutta del lupo, e scese in picchiata fino a colpirla con rapidissimi colpi di becco, mentre un airone, calando in picchiata da sopra le nuvole, velocissimo, con estrema precisione afferrò il Piccolo Paper per la codina, lo sollevò da terra, se lo caricò in groppa con un possente colpo di becco e se lo portò velocissimamente in alto, lontano dalle grinfie di quei due. Anche i piccioni, compiuta la missione di distrarre il lupo, rivolsero i becchi verso il cielo.

Comodamente accomodato sulla groppa dell’airone, con il fiatone per la paura ancora forte, il Piccolo Paper vide il lupo che rincorreva la volpe mordendole la coda, e pensò: “Accidenti, però, mi dispiace per la volpe… che becconi che si prende, poverina…”

Ma che poverina! Ma sei stupido, Piccolo Paper?

Per fortuna che c’era l’airone coi piccioni, altrimenti…

Ma io non ho ascoltato, e non mi sono addormentato: 

e col cavolo che mi addormento.

L’airone volò nel cielo luminoso, e il Piccolo Paper ammirò dall’alto il laghetto incantato dove viveva: era bello, e luccicava tutto con felicità; i paperini nuotavano lungo le rive, e i pesci, nell’acqua, li seguivano per proteggerli sotto la superficie dell’acqua; intanto i piccioni, compiuto l’attacco, si accostarono all’airone in formazione di scorta, sorridendo al Piccolo Paper. 

Tutto lo stormo, con il Piccolo Paper al centro, planò dolcemente verso terra, proprio sulla riva del lago, dov’era l’ingresso del canneto. Tutti furono felici di vedere il Piccolo Paper, perché erano tutti molto preoccupati: infatti, avevano chiamato in soccorso gli aironi e i piccioni, e le pattuglie del salvataggio paperile erano in perlustrazione già da un po’. 

Il Piccolo Paper raccontò la sua avventura, e tutti, quella sera, festeggiarono il suo ritorno con una festa lacustre a biscottini e gelatino per i paperini e per tutti gli amici: aironi, piccioni, gattini, ragnetti, gabbianelle, coccinelle, lucertoline, lumachine, grilli e tanti altri. 

Il Piccolo Paper era felice e contento, e così tutti gli amici; erano contenti soprattutto perché il Piccolo Paper, quella sera, aveva capito bene che:

  1. la birra fa schifo, di fatto;
  2. i cattivoni, oggettivamente, non sanno divertirsi e neanche giocare a giochi belli come saltapaperino, ma fanno giochi stupidi dove si trattano male;
  3. chi perde va premiato, e anche chi vince va premiato, ma solo per secondo;
  4. i biscotti e i gelatini possono piacere anche a gente proprio stupida e magari anche cattiva;

il che non è poco.

L’avevo detto, io, che non mi addzzzzzzzzzzzzz… ronf ronf…

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